Fare cooperazione attraverso lo sport, intraprendere carriere in organizzazioni internazionali come l’ONU per tradurre il loro impegno in azioni concrete e contribuire a portare cambiamenti positivi nel mondo. Sono i sogni e le ambizioni di Alice Lanzo e Barbara Benelli, studentesse di Politiche per la cooperazione internazionale allo sviluppo in Università Cattolica. La scorsa estate hanno trascorso un periodo di volontariato in Camerun, grazie al Charity Work Program promosso dal CeSi. Esattamente a Balmayo, una cittadina a 40 minuti dalla capitale Yaoundé, collaborando alle attività dell’Associazione Centro Orientamento Educativo – COE. Attivo da settant’ anni con centinaia di volontari coinvolti nelle iniziative educative e culturali in Italia o inviati nei progetti in Africa, Asia, America Latina e Papua Nuova Guinea, il COE a Balmayo è molto più di un semplice centro educativo – spiegano Barbara e Alice – «il complesso comprende un ospedale, un luogo dove dormire, una foresteria, una cucina e uffici. Inoltre, c’è anche uno spazio per attività di animazione, grazie al centro estivo sempre in funzione.»

L’ospitalità ricevuta è stata al di là delle loro aspettative. «Il COE ha un sistema di accoglienza ben rodato con i volontari del servizio civile, grazie al quale ci siamo integrate senza problemi – raccontano le studentesse – abbiamo avuto la fortuna di essere accompagnate da chi aveva già esperienza, ci hanno insegnato i trucchi del mestiere». «Poi – sottolinea Alice – abbiamo avuto la fortuna di conoscere un gruppo di persone del posto che ci ha guidato nei dintorni, spiegandoci come muoverci al meglio. Anche le nostre colleghe italiane ci hanno fatto sentire a casa e con loro abbiamo stabilito un bellissimo rapporto», aggiunge Barbara. «La cittadina di Balmayo – continua Barbara – considera il COE un punto di riferimento, poiché le persone del posto lo vedono come una parte integrante della loro comunità. C’è poi da dire che il nostro legame con la cultura locale è stato fondamentale, poiché abbiamo affrontato molte esperienze nuove. Il Camerun è davvero un mondo a sé, molto diverso dall’Europa o da altri paesi africani più turistici, come il Kenya o il Ghana.» Nelle sei settimane trascorse in Camerun Alice si è occupata del progetto Neet’s Net, incentrato sull’inserimento lavorativo dei giovani tra i 15 e i 24 anni, in particolare giovani donne e giovani in situazioni di vulnerabilità. Barbara, invece, ha collaborato al progetto Ça en vaut la peine! che ha come obiettivo la good governance nel settore della giustizia, comprese le condizioni di detenzione, e la partecipazione della società civile. «Il mercato del lavoro è durissimo, le opzioni lavorative spesso si limitano a settori primari e artigianali anche se i giovani camerunesi sono molto istruiti», racconta Alice, spiegando che il progetto Neet’s net «prevede un finanziamento dell’80% per la formazione e l’inserimento lavorativo, mentre il restante 20% proviene dalle famiglie coinvolte. Così molti giovani che non hanno il supporto della famiglia restano esclusi. Un ostacolo – continua Alice – è anche la difficoltà di censimento perché molti di loro non hanno la carta di identità, essenziale per l’accesso a servizi e opportunità, ma spesso difficile da ottenere»



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