“La strada cui vorrei affidarmi è quella del persistere in una teoria e in una corrispondente pratica di rispetto, gentilezza e lealtà. Da riservare dapprima a sé stessi, per poi estenderli tutti progressivamente, verso chi ci è vicino e a chi, invece, vicino non è, sino all’ambiente che ci accoglie, culla e ospita: dagli oceani alla sabbia, dalle falde acquifere al cibo. Qui sì, ravvedo la chiave per cambiarlo davvero, il mondo”. Sono parole di una ragazza di vent’anni. Una di quei giovani che fanno parte di quella che è stata ribattezzata Generazione Z, la prima a non avere conosciuto un mondo senza tecnologie e ambienti digitali.

Studentessa cagliaritana di filosofia, modella e scrittrice considerata “figlia d’anima” di Michela Murgia. oggi Grivel ha inaugurato la rassegna Il futuro nel mondo post covid pubblicata nella sezione Pianeta 2021 del Corriere della Sera.

“Ho 21 anni e il mio solo auspicio per il rimpatrio alla vita del mondo post pandemico è che il ritornare somigli molto più a una rigenerazione che a un rintocco del passato. Intuire i caratteri di un mondo ancora tracciato dalle ferite di una pandemia è già missione del presente. È srotolare lo sguardo sul fuori e constatare, con titubanza ancora sorpresa, il pullulare di vita che si slancia sulle strade. Osservare le saracinesche che, finalmente schiuse dopo mesi di silenzio arreso, sembrano volgersi a un ampio sospiro di sollievo. Assaggiare i tremiti di suoni vecchi e istruirsi daccapo affinché tutte quelle consuetudini che fondavano la quotidianità di ciascuno, ora di colpo così spaventosamente inedite, possano tornare ad essere nostre. Cosa significa, oggi, allora, proiettarmi nell’ottica della genesi di un futuro possibile per la realtà post pandemica? Come parlare concretamente di una riappropriazione del quotidiano, se il quotidiano ancora procede a tentoni? Vorrei che il domani si vestisse di una normalità altra rispetto a quella che vigeva prima che le carte del virus svelassero regole d’eccezione per il vivere globale.

E se il domani si edifica nell’oggi, nella moltitudine dei passi che ognuno compie nel proprio passaggio sul mondo, è essenziale che sia proprio la quotidianità di ogni vita ad agire per il meglio, affinché il mondo stesso, già squadernato dalle dinamiche della pandemia, possa dirsi vigile, in nuovo atto di eversione virtuosa. Non propendo per soluzioni di caratura monumentale; preferisco confidare nella gradualità di ogni percorso di vita, nel momento in cui si sceglie di imboccare una strada.

La strada cui vorrei affidarmi è quella del persistere in una teoria e in una corrispondente pratica di rispetto, gentilezza e lealtà. Da riservare dapprima a sé stessi, per poi estenderli tutti progressivamente, verso chi ci è vicino e a chi, invece, vicino non è, sino all’ambiente che ci accoglie, culla e ospita: dagli oceani alla sabbia, dalle falde acquifere al cibo. Qui sì, ravvedo la chiave per cambiarlo davvero, il mondo”.

(questa storia è stata raccolta da Alessio Cozzolino)

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