Chissà che reazione
avrebbe oggi il pubblico di fronte a un film come “Il segreto di
Pollyanna”, che di anni ne ha appena compiuti 60. La pellicola,
diretta nel 1960 da David Swift, in perfetta linea con lo stile
Disney che l’ha prodotta, è un film che ha avuto un enorme
successo negli anni e ha commosso intere generazioni di spettatori.
Il personaggio di Pollyanna, che nasce nel 1913 sulle pagine del
romanzo di Eleanor H.Porter, ha funzionato anche nella versione delle
serie animata giapponese “La storia di Pollyanna, la bambina
dell’amore”, 51 episodi andati in onda, in Italia, dal 1987.

La storia è quella
di un’orfanella che viene accolta dalla ricca zia a seguito della
morte del padre, un pastore protestante che le ha trasmesso un
inguaribile ottimismo. Pollyanna diventa ben presto famosa in paese
per il suo “gioco della felicità” che consiste nel trovare
sempre, anche in situazione drammatiche, un aspetto di cui gioire. La
gioia di vivere della giovane si scontra con diversi personaggi, tra
cui il pastore della chiesa, le cui prediche sono incentrate sulle
punizioni divine, ma soprattutto con il carattere autoritario di zia
Polly, una donna incapace d’amare. Oggi probabilmente Pollyanna
sarebbe appellata come buonista e forse sui bambini non avrebbe lo
stesso appeal delle affascinanti, combattive e necessarie nuove
eroine. Il personaggio è talmente démodé che la sindrome da
Pollyanna è diventata persino una definizione nel campo della
psicologia per raccontare la futilità dei pensieri positivi, una
sorta di fuga illusoria dalla realtà.

Rivedendo il film
oggi si potrà certo sorridere dello sviluppo di alcune storie
secondarie, della velocità con la quale Pollyanna riesce a toccare
la vita delle persone, come se le sue parole fossero davvero chiavi
magiche capaci di spalancare il cuore di chi le ascolta (sarebbe
bello se fosse davvero così!). Eppure, ancorato nel suo stile
mieloso, il film conserva una forza straordinaria. Da menzionare,
innanzitutto, le magistrali interpretazioni delle due protagoniste
femminili, la bellissima Jane Wyman, una donna che parla attraverso
gli occhi, nel ruolo della zia Polly, e quella della talentuosa
Hayley Mills, che vinse l’Oscar giovanile proprio grazie a questo
film. C’è un’attenzione particolare all’uso della musica che
sempre segue i movimenti, quelli dei personaggi che si muovono nel
paese, ma anche quelli dello spirito. C’è inoltre una solida
costruzione narrativa piena di rimandi, di incastri, di pezzi che
ritornano al loro posto: il film è quasi un racconto corale. Alcune
voci si assomigliano, altre si fanno via via più profonde ma niente
rimane irrisolto. Ed è probabilmente nella risoluzione dei drammi
interni di alcuni personaggi, di cui nemmeno loro hanno, all’inizio,
coscienza, che risiede la bellezza del film. C’è una scena molto
intensa che racconta l’incontro tra Pollyanna ed il reverendo Ford
(si tratta dell’ennesimo scambio di opinioni tra la protagonista e
un personaggio secondario). “Lei è felice di essere un pastore?”
esordisce la bambina (ancora, con questa storia della felicità! –
penserà lo spettatore). Il dialogo assume però ben presto una
profondità filosofica che va oltre la contrapposizione tra il bene e
il male su cui si poggia tutto il film. La sintesi del pensiero di
Pollyanna è una frase che il padre ha fatto incidere sul ciondolo
che la bambina porta al collo, attribuita al presidente Abramo
Lincoln ma in realtà scritta dallo stesso sceneggiatore del film
(ah, l’orgoglio americano!) : “Se sei in cerca del male, nel
genere umano, aspettandoti di trovarcelo, senza dubbio lo troverai”.
Ecco che nel bel mezzo di un film “strappalacrime” lo spettatore
si trova di fronte a una verità che va oltre, molto oltre quella che
può sembrare il banale potere del “pensare positivo”.

Non sarà infatti il
gioco della felicità a salvare il reverendo, e con lui lo spettatore
che vuol cogliere il messaggio, ma la verità di questa affermazione
“Se sei in cerca del male, non c’è alcun dubbio che lo
troverai”. Mai come in questo periodo così duro io credo che sia
davvero così facile trovare il brutto, quello che non funziona,
quello che è criticabile.

C’è gente che non
fa altro tutto il tempo: cercare il male.

Ecco, io penso che
oggi sarebbe importante spogliare il personaggio dalla sua aria
ingenua che tanto infastidirebbe chi non sa far pace con il mondo e
riscoprire una Pollyanna che non predica la bontà, ma attacca (con
gentilezza) chi è artefice del buio nei propri occhi.

Uno sguardo alla
volta.



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