di Simona Ballatore

L’arte e la conoscenza profonda degli animali, insieme, per lavorare sull’empatia, contro il bullismo o per capire come relazionarsi al meglio col proprio cane, evitandogli stress. Così la zooantropologia didattica entra a scuola e nei quartieri. È la sfida di Arianna Pampuri, 36 anni, che ha unito le sue passioni più grandi in una missione: il sogno di Aria. L’amore per l’arte l’ha portata a laurearsi all’Accademia di Como e a lavorare per sei anni come restauratrice. Le mancava qualcosa però in quei cantieri, anche se era immersa nei capolavori tra Milano, Genova e Torino. “Sentivo che avevo qualcosa in più da dare agli altri, da condividere – spiega –. Ho sempre avuto questa idea della ’missione’ e credo davvero che i bambini siano semini ai quali dare forza e strumenti belli, per il nostro futuro. Trasmettere interesse, curiosità, stupore, oltre che far allenare i giovani occhi alla bellezza di ciò che ci circonda, sono punti fondamentali per la crescita di un bambino. E la storia dell’arte è fonte inesauribile di meraviglia, perfetta per permettere tutto questo”. Così ha deciso di cambiare vita, portando l’arte con sé, dedicandola ai bimbi attraverso laboratori empatici. Parallelamente però aveva intrapreso anche un percorso per diventare educatrice cinofila, inseguendo il secondo amore. “Per quindici anni ho avuto una cane, Lea, che mi ha rivoluzionato la vita. Da settembre non c’è più”, ricorda Arianna, che tre anni fa è diventata operatrice di zooantropologia didattica Siua.

“Farla conoscere alle scuole è l’obiettivo più grande, perché ha tante potenzialità educative – racconta, mentre porta i suoi laboratori nelle biblioteche e nei centri di aggregazione –. Può servire agli insegnanti anche per lavorare sul gruppo classe in caso di bullismo o quando arriva un nuovo bimbo, magari da un Paese straniero, e fatica a integrarsi nel gruppo. La zooantropologia didattica può rivelarsi preziosissima”. Non è pet therapy, non presuppone interventi assistiti con animali, anche se possono essere coinvolti nelle fasi finali del percorso, dopo avere preparato a dovere i bambini. Lo scopo è diverso: si insegna come approcciarsi all’animale, evitandogli stress, conoscendo meglio le diverse specie. Si allena l’empatia. “Sono previsti da uno a otto incontri e gli animali possono essere i più diversi, anche coccinelle e pipistrelli, perché no – sottolinea Arianna –. In quest’ultimo caso, per esempio, lavoriamo su un animale che ci fa paura, che ci spaventa perché non lo conosciamo. Che sembra ’bruttino’ ma invece è utilissimo e ’fighissimo’, mangia insetti che possono essere nocivi. Si sfatano leggende metropolitane e si affronta insieme il tema della diversità, che è una risorsa”.

Al centro degli incontri – e delle richieste di “aiuto“ – c’è spesso il cane. “Due milioni di famiglie hanno sia cani che bimbi e capita di frequente che si creino dinamiche disastrose, con cani ’disperati’ perché si sbaglia l’approccio – continua l’esperta –, attraverso laboratori, utilizzando anche materiali diversi, colori e creatività, si fa conoscere meglio al bambino con chi convive, i punti dove non accarezzarlo perché prova fastidio, le sue emozioni. Si imparano regole di educazione per un relazione felice”.

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